Stonehenge

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damadellago
view post Posted on 8/2/2011, 22:21





Il circolo megalitico di Stonehenge nelle Isole Britanniche è con ogni probabilità il monumento sacro di epoca preistorica più grande e più famoso dell'Europa settentrionale, oltre ad essere uno dei manufatti più antichi e di grandi dimensioni giunto fino a noi.

Come è inevitabile per una costruzione di questo genere di epoca preistorica, in assenza di documentazione scritta, esso ci presenta una serie di enigmi: chi lo eresse, con quali tecniche costruttive e per quali scopi?

Su queste questioni, punti controversi fra gli archeologi da decenni, alcune scoperte recenti sono giunte a gettare nuova luce. Ultimamente l'archeologo Mike Parker Pearson dell'Università di Sheffield, che da anni conduce campagne di scavi sul sito, ha reso pubblici i risultati di queste ricerche.

In Italia queste nuove informazioni hanno assunto la forma di tre comunicati apparsi su “Alice News” il 28, il 29 ed il 30 maggio, e di una trasmissione televisiva messa in onda il 1 giugno sul National Geographic Channel di Sky.

Vediamo un ampio stralcio del comunicato riportato da “Alice News il 28 maggio:

“Stonehenge , uno dei siti archeologici più misteriosi e suggestivi del mondo, da secoli è un rompicapo per scienziati e non solo. Ora una nuova ipotesi sembra pronta a sfatare tutte le teorie precedenti: i megaliti non delimiterebbero un osservatorio astronomico, né un santuario, né un primitivo centro ospedaliero; rappresenterebbero piuttosto un tempio per il culto dei defunti Ma non defunti qualsiasi: solo i leader dei villaggi preistorici. Una sorta di mausoleo dell’antichità, quindi.

Mike Parker Pearson, professore di archeologia dell’Università di Sheffield ha formulato la nuova ipotesi dopo essere riuscito a datare al carbonio 14 alcune sepolture rinvenute negli anni Cinquanta. Due risalgono al periodo in cui si costruirono il terrapieno e il fossato (circa 2900 a.C.); la restante al 2570-2340 a.C., quando venne innalzato il cerchio di pietre. Altre tombe vennero scoperte negli anni ’20 ma poi riseppellite.

“Stonehenge è stato un luogo di sepoltura dall’inizio alla fine – ha spiegato Mike Parker Pearson sfatando la convinzione che fosse stato utilizzato come cimitero solo agli inizi della sua storia -. Anche quando si costruì il cerchio di pietre, Stonehenge continuò a essere il regno dei morti. È il nostro più grande cimitero di quel periodo. C'è un interessante contrasto fra la vita e la morte”.

L’archeologo ha anche individuato un legame tra Stonehenge e l’enorme terrapieno circolare di Durrington Wall, caratterizzato da pali di legno conficcati nel terreno: si ritiene possa aver ospitato banchetti e cerimonie funerarie. I defunti venivano poi trasportati in barca lungo il fiume Avon per essere sepolti in prossimità dei megaliti. Durante le indagini, iniziate nel 2003, è stato identificato un viale che conduce da Durrington Wall al corso d’acqua, molto simile a quello che collega Stonehenge con lo stesso fiume.

Già un anno fa, gli archeologi hanno inoltre trovato i resti di otto case. La abitazioni misuravano circa cinque metri quadrati ed erano situate in una piccola valle a nord di Stonehenge che porta direttamente al fiume Avon. “Riteniamo che la scoperta sia molto utile per capire lo scopo di Stonehenge – ha spiegato il professore di archeologia -. Quello che abbiamo sicuramente stabilito è che il cerchio delle pietre è parte di un complesso più grande”.

Nuovi particolari sono stati poi riportati dal comunicato del 29 maggio:

“L'enigmatico tempio megalitico di Stonehenge in Inghilterra, uno dei monumenti preistorici più celebri d'Europa, venne utilizzato come luogo di sepoltura, e servì come tale per centinaia di anni. Lo hanno scoperto le ricerche condotte dall'università di Sheffield, nell'ambito dello Stonehenge Riverside Archaeological Project.

L'analisi al carbonio 14 delle ceneri di corpi cremati ritrovati all'interno del comprensorio archeologico hanno portato a datare le prime sepolture a circa cinquemila anni or sono, e hanno mostrato che le pratiche funerarie a Stonehenge andarono avanti per almeno cinquecento anni.

"E' evidente che per un lungo periodo la funzione principale di Stonehenge fu quella di luogo di sepoltura", ha detto Mike Parker Pearson, archeologo dell'Università di Sheffield e capo del progetto. Il grande cerchio di pietre fu il luogo in cui venivano sepolte, con tutta evidenza, persone eminenti di una comunità che viveva presso il monumento. Gli archeologi hanno portato alla luce anche diverse abitazioni, che probabilmente venivano utilizzate nel corso dei riti stagionali legati al cerchio megalitico. Una specie di "città dei vivi" eretta a tre chilometri di distanza dalla "città dei morti".

I più antichi resti umani calcinati trovati a Stonehenge risalgono a un periodo intorno al 3080-2880 avanti Cristo, secondo la datazione al radiocarbonio. Tuttavia, il periodo in cui il monumento servì da luogo di sepoltura appare limitato a cinquecento anni, nel corso dei quali vi sarebbero state deposte in tutto le ceneri di non più di 240 persone: l'ultima, una donna di 25 anni sepolta nel 2140 avanti Cristo.

Gran parte del mistero del monumento permane ancora: non è chiaro, infatti, se sia stato eretto effettivamente come spettacolare cimitero per i membri di qualche remota dinastia, o abbia avuto anche altre funzioni, legate a pratiche di culto dimenticate. Comunque, spiega Parker, "già allora Stonehenge era chiaramente un luogo speciale e le persone che vi venivano sepolte dovevano far parte di una comunità specifica"”.

Il comunicato del 30 è invece un semplice, breve riassunto:

“Stonehenge è stata utilizzata come necropoli per oltre 500 anni, un periodo molto più lungo di quanto si pensasse: questi i risultati di uno studio della Sheffield University, riportati dal quotidiano britannico The Independent.

Le ossa più antiche ritrovate nel sito risalgono infatti a un periodo compreso fra il 3.030 a.C e il 2.340 a.C, mentre i primi megaliti vennero eretti nel sito nel 2.500 a.C. Secondo l'archeologo Parker Pearson ciò proverebbe che Stonehenge era una "città dei morti", collegata attraverso il fiume Avon a una struttura simile ma costruita in legno, Woodhenge, situata a circa quattro chilometri di distanza e che sarebbe invece stata la "città dei vivi”.

Riguardo alle tecniche costruttive che hanno permesso la realizzazione del complesso megalitico, c'è da dire preliminarmente che noi uomini moderni, ogni volta che ci confrontiamo con opere imponenti realizzate nell'antichità od addirittura in epoca preistorica, tendiamo a provare uno stupore probabilmente eccessivo: Stonehenge ma anche le piramidi egizie, i templi maya, le linee di Nazca, ed ancora gli anfiteatri romani o le cattedrali gotiche. Il fatto è che tendiamo a sottovalutare quel che è possibile fare senza il complicato armamentario tecnologico a cui siamo abituati, ricorrendo semplicemente ad ingegnosità, perizia, grande disponibilità di forza lavoro, e soprattutto l'opera protratta per decenni di una comunità umana solidale e profondamente motivata.

Il documentario mandato in onda il 1 giugno e basato su di un'attenta ricostruzione archeologica a partire dai dati disponibili, è ammirevolmente chiaro. La costruzione di Stonehenge ha richiesto notevole ingegnosità; si pensi che i monoliti verticali sono collegati alle pietre architravi con un sistema di sporgenze e incastri realizzati in modo ottimale che hanno dato alla costruzione una solidità che finora le ha consentito cinque millenni di durata, o che le buche in cui sono inseriti i monoliti a guisa di fondamenta sono state realizzate con tanta accuratezza che le sommità dei monoliti stessi risultano allineate lungo un preciso piano orizzontale; ma nulla di tutto ciò è stato tale da richiedere l'impiego di macchinari moderni, o magari un intervento extraterrestre, solo tanta ingegnosità e tanto lavoro.

Rimane irrisolto l'interrogativo forse più importante: chi erano i costruttori di Stonehenge? Siamo in un'epoca preistorica della quale non ci rimangono documenti scritti ma solo la muta testimonianza della pietra.

I Britanni dell'antichità ormai storica, dei primi secoli medievali fino all'invasione anglosassone, i loro discendenti che ancora vivono in Irlanda, Scozia, Galles, Cornovaglia, erano e sono indiscutibilmente Celti, tuttavia, cosa ne sappiamo dei loro predecessori del 3000-2000 a. C.?

Ad edificare Stonehenge e gli altri circoli megalitici che costellano le Isole Britanniche furono gli antenati dei Celti britannici di epoca storica o qualche enigmatica popolazione pre- celtica di cui non sappiamo nulla? Premesso che il mistero permane, facendo leva su questo scarto temporale di mille-millecinquecento anni rispetto all'epoca celtica “classica”, la prima ipotesi viene spesso esclusa dai ricercatori e dai media con una disinvoltura che ha del sorprendente.

Anche il comunicato di “Alice News” del 28 maggio riporta:

“Gli scienziati hanno contribuito a trasformare Stonehenge in un luogo di pellegrinaggio moderno sostenendo che la sua strada è allineata con l'alba del solstizio d'estate. I turisti ammirano i megaliti in ogni stagione, ma si riuniscono soprattutto in occasione del solstizio d'estate, il giorno più lungo dell'anno. Oltre che meta del turismo di massa, Stonehenge è attualmente luogo di pellegrinaggio per molti seguaci del Celtismo, della Wicca e di altre religioni neopagane”.

Il che, almeno per chi non considera il Celtismo seriamente, significa ridurre il legame fra Stonehenge ed il mondo celtico e fra questo ed il Celtismo moderno a qualcosa di folcloresco e pseudo- religioso.

A parte ciò, sebbene l’atteggiamento denigratorio degli autori classici nei confronti degli antichi Celti, visti come popolazioni barbare od addirittura selvagge, dettato dapprima dalla rivalità verso queste popolazioni da parte dello stato romano, poi dalla necessità da parte dei Romani di magnificare ai propri occhi l’effetto civilizzatore della conquista di Gallia, Britannia e Penisola Iberica, non sia solitamente più condiviso dagli storici moderni, è a lungo prevalsa, in parte prevale ancora oggi nei confronti del mondo celtico una tendenza fortemente riduttiva; in particolare una tesi molto diffusa che appena oggi si comincia a rivedere, è la non riconducibilità ai Celti dell’architettura megalitica delle Isole Britanniche, di opere come Stonehenge, appunto, o la tomba di Newgrange, che si preferiva ricondurre a qualche misteriosa popolazione pre-celtica di cui peraltro nulla si sapeva, a motivo del fatto che esse erano più antiche di più un millennio delle documentazioni storiche sui Celti forniteci dagli autori classici (Il che, in ultima analisi, è come dire che, poiché l’edificazione delle cattedrali romaniche di cui è costellata la nostra penisola è separata temporalmente da noi da otto – novecento anni, queste ultime non possono avere alcuna relazione con la storia della nostra cultura e della nostra arte). Alla radice di questo atteggiamento c’era probabilmente il presupposto inconscio della priorità del Medio Oriente nelle origini della civiltà, presupposto che nasceva da un “modello di storia” che, attraverso successive correzioni ed aggiustamenti, pur sempre dalla narrazione biblica derivava.

Oggi gli specialisti, storici e archeologi hanno perlopiù assunto un atteggiamento molto più cauto, ma a livello di divulgazione la lettura riduttiva del mondo celtico continua alla grande. Qualcuno ricorderà, ad esempio (è ripassata più volte sui nostri schermi negli anni scorsi e probabilmente si “rifarà viva” in futuro) la trasmissione “Il mondo di Arthur C. Clarke”, dedicata agli aspetti “misteriosi” della realtà. In essa, in una puntata dedicata a Stonehenge, l’autore inglese di fantascienza recentemente scomparso, che nell'occasione vestiva i panni di una sorta di Peter Kolosimo televisivo (poiché è noto che aver scritto una serie di romanzi di fantascienza di successo rende automaticamente qualificati in campo archeologico), non solo avallava senza problemi la versione riduttiva secondo la quale l’edificazione di Stonehenge e degli altri monumenti megalitici sarebbe attribuibile a chiunque tranne che ai Celti, ma commentava con evidente dispetto la presenza di un gruppo di neo – druidi intenti ad una cerimonia New Age: “Questi moderni druidi non hanno più diritto di chiunque altro di stare qua”.

Queste conclusioni, questo atteggiamento, che è in realtà un pregiudizio, è oggi respinto dagli scienziati più seri ed accreditati, ecco ad esempio cosa scriveva l’antropologo Colin Renfrew nell’articolo Le origini delle lingue indoeuropee (“Le scienze”, novembre 1991):

“La lingua celtica si sarebbe evoluta nell’Europa occidentale a partire da radici indoeuropee. Anziché essere un gruppo autoctono cancellato dagli Indoeuropei, il popolo che costruì Stonehenge e gli altri grandi monumenti megalitici d’Europa era costituito da Indoeuropei che parlavano una lingua da cui derivano le odierne lingue celtiche”.

Con tutto il rispetto, “Le Scienze” non ha la stessa diffusione della “Gazzetta dello sport”, sarebbe ora che anche coloro che si occupano di divulgazione, che è poi proprio ciò che fa entrare le conoscenze scientifiche nella coscienza, nell’immagine del mondo dell’uomo della strada, assumessero un atteggiamento più corretto, perché non c'è nulla da fare, è della più antica civiltà autoctona d'Europa che stiamo parlando, le nostre radici sono lì. Oggi finalmente, con trasmissioni come quella del National Geographic Channel del 1 giugno, sembra che si cominci a parlarne nella maniera giusta.



Fonte;
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Autore Fabio Calabrese | Pubblicato il 16/06/2008 - bibrax.org
 
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